Tusk
Kevin Smith
grottesco, commedia, body horror
Michael Parks, Justin Long, Haley Joel Osment, Johnny Depp
2014
105'
USA
Kevin Smith, probabilmente alla maggior parte di voi noto per Clerk – Commessi, inizia a prender gusto con le atmosfere più orrorifiche e questo non può che deliziare l’appassionato di genere, in quanto la verve del regista, sceneggiatore e fumettista del New Jersey può senza dubbio alcuno portare molto in termini di inventiva e contaminazione. Nella sua prima incursione, Red State, aveva dato prova di una sorprendente capacità di tuffarsi in una vicenda realistica e drammatica, mettendo in campo un’aderenza al thriller che ha stupito ed estasiato il pubblico. Nessuna clemenza, nessuna traccia di umorismo a spezzare le atmosfere: un film, come definito nella nostra recensione, granitico.
Con Tusk, invece, Smith raccoglie una sorta di sfida nata nel corso del suo podcast: leggendo un messaggio pubblicitario trovato su Gumtree, fu incuriosito dall’offerta di un signore, che prometteva un alloggio gratuito qualora il suo ospite si fosse reso disponibile a vestirsi da tricheco. Smith lanciò un sondaggio ai suoi fan su Twitter, chiedendo di usare l’hashtag #WalrusYES qualora volessero che realizzasse un film ispirato a quella curiosa offerta. Ovviamente, la follia della cosa non tardò a stuzzicare la curiosità dei suoi followers, i quali dimostrarono interesse a vedere cosa potesse venir fuori a partire da quello strambo punto di partenza.
Wallace (Justin Long, visto in Jeepers Creepers – Il Canto Del Diavolo, Jeepers Creepers 2, Drag Me To Hell, After.Life) è il conduttore di un fortunato podcast satirico e demenziale assieme all’amico Teddy (Haley Joel Osment, ben noto come il bambino de Il Sesto Senso). Incuriosito da un video virale che ritrae un ragazzo che, esibendosi con una spada in cantina, finisce per tagliarsi una gamba, Wallace parte alla volta del Canada, per recarsi a casa dello sfortunato protagonista di quel video e realizzare un’intervista, ma quando giunge sul luogo scoprirà che il giovane si è suicidato. Deluso e anche piuttosto arrabbiato, Wallace vorrebbe subito rientrare a casa ma viene stuzzicato da un messaggio che trova nel bagno di un bar a Winnipeg: un tale di nome Howard Howe offre alloggio gratuito in cambio di qualche aiuto nelle faccende domestiche, e promette di raccontare molte storie della sua vita avventurosa.
Così, Wallace si mette in marcia alla volta dell’abitazione dell’uomo, nei pressi di Bifrost (il nome del ponte dell’arcobaleno che collega il mondo degli uomini al mondo degli dei, nella mitologia norrena), in pieno nulla cosmico. Troverà ad accoglierlo un anziano in sedia a rotelle ma dotato di ottima favella: Howe ama raccontare ai suoi ospiti le storie avventurose della sua vita, e nel farlo ricorda per certi aspetti il protagonista del fantastico (in tutti i significati che vogliate dare alla parola) Big Fish di Tim Burton. Al termine del suo té, però, Wallace crolla sul pavimento, evidentemente drogato: si sveglierà privo di una gamba e non tarderà a scoprire la vera, folle natura di Howard Howe, ed il suo allucinante piano.
Non andrò avanti nella narrazione della trama, nonostante sia tutto piuttosto chiaro ed intuibile già dalla locandina, in quanto non voglio privarvi di alcuna sorpresa. Tusk è un film pazzesco e che spiazza per molteplici motivi: ha un’attitudine sempre in bilico tra il teso/folle/morboso e l’ironico/demenziale, con dialoghi quasi sempre vincenti sia nelle fasi leggere e scanzonate (imperdibile lo scambio tra Wallace e il controllore dell’aeroporto, così come buona parte delle battute sul Canada e sugli Stati Uniti), sia in quelle più tese, per quanto l’assurdità del tutto, nel momento in cui si manifesterà, farà inevitabilmente sgonfiare il buon crescendo che Smith era riuscito a creare in precedenza.
Lo scopo del film non è quello di terrorizzare, tuttavia, e quindi non si può considerare un tentativo fallito. Il concetto alla base di Tusk è talmente fuori di testa che, paradossalmente, funziona a meraviglia e regala ai fan di Kevin Smith un film con due marce in più. Da sottolineare come, nel momento forse di maggior stanca che si ha dopo la piena manifestazione della follia di Howard Howe (che ha comunque un senso al di là dei toni esasperati, e che anzi diventa una feroce vergata all’umanità), entra in scena Johnny Depp, in un ruolo totalmente irresistibile e che esalta le doti di caratterista dell’attore, che da diversi anni non appariva così divertente.
Nella valutazione finale, comunque, non possono non rientrare anche alcuni limiti dell’opera: Smith gongola un po’ troppo in alcuni passaggi e finisce per rendere meno inquietante ed enigmatico il personaggio dell’anziano reduce, interpretato dal solito, fenomenale Michael Parks (già protagonista di Red State, nel ruolo del fanatico religioso). Con qualche riga di script in meno sarebbe risultato più interessante e meno fastidioso, e in generale qualche taglio qua e là avrebbe giovato al ritmo del film. Inoltre, l’assurdità alla base del tutto è sì divertente, è sì originale, ma alla fine della fiera rischia di poter deludere non poco chi invece si aspetta qualcosa di più “serio”. Alcuni potrebbero addirittura arrivare a vederci qualche punto di contatto con The Human Centipede, ma qui siamo su lidi del tutto diversi e le affinità sono pressoché inesistenti, sia dal punto di vista stilistico che da quello dei contenuti.
Per chi ha vedute aperte e non si aspetta un prodotto canonico, Tusk potrebbe risultare una visione piuttosto divertente e coinvolgente, in virtù di una grandiosa recitazione e di dialoghi ricchi e non banali, anche quando Smith decide di rompere la drammaticità e fare humour. Con questo film si apre una trilogia, chiamata True North Trilogy, dedicata al Canada: i prossimi capitoli si intitoleranno Yoga Hosers e Moose Jaws.
Nota: nel film compaiono nelle vesti di commesse di un supermercato le figlie di Kevin Smith e di Johnny Depp, Harley Quinn e Lily-Rose Melody.
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